venerdì 10 luglio 2015

Luigi, pescatore del Casale

Luigi scendeva a Giuseppone prima ancora che albeggiasse. Prendeva la sua barca quando ancora tutti dormivano e godeva nell'ascoltare il fruscìo che i remi facevano nell'incontrare l'acqua del mare ancora addormentato. Si allontanava parecchio da riva, remando con calma.
Tutte le ore che trascorreva, solo, nel silenzio, lo avevano fatto diventare un pensatore, un filosofo. 
Quando sbarcava, al tramonto, aveva sempre voglia di parlare e se trovava qualcuno disposto ad ascoltarlo, non lo mollava più. Per questo, in tanti lo scansavano. 
Portava con sussiego in testa i vecchi borsalino smessi di mio padre (che una volta erano stati di feltro grigio o tortora ed ora avevano un colore indefinibile) e sotto ci teneva i "ranci felloni" privati delle chele, per catturare i polipi.
Nel tempo ne ha presi tanti e noi, con la curiosità dei bambini, assistevamo al rito del morso in testa e dello sbattere quelle povere bestie sugli scogli. 
Però poi, Luigi ti stupiva quando ti raccontava delle sue impressioni all'alba, quando vedeva il sole spuntare da dietro al Vesuvio e tingere di rosa, viola, rosso, arancione , "tutta ll'aria adderèto 'a Muntagna", e la meraviglia di vedere il mare che cambiava colore, e le refole che a tratti lo increspavano, e le case nei vetri delle quali si specchiavano i primi raggi. 

E allora Luigi diceva: "Ma si sto je sulo mmiezo 'o mare e stanno ancora durmenno tutte quante, ma allora Ddìo 'sto spettacolo l'ha fatto sùlo pe' mme? Ma allora je so' impurtante, so' comme a Giulio Cesare!".
Povero, caro, Luigi ! Fu colpito da ischemia cerebrale. 
Lo trovarono steso sul fondo della barca alla deriva... E non lo vedemmo più.









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